mercoledì 21 aprile 2010

Fini vara la sua corrente. Berlusconi: Non capisco cosa vuole.

Fini vara la sua 'corrente', Berlusconi manda a dirgli di no. Gianfranco Fini da ieri da un lato ha sancito la fine di An, dall'altro ha marcato la sua distanza dalla leadership di Berlusconi, battezzando la sua 'corrente' nel partito come l'ultimo atto della trasformazione della vecchia Alleanza nazionale. Lo ha detto davanti a poco più di 50 persone: non c'erano gli ex colonnelli Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Gianni Alemanno, né Maurizio Gasparri e Giorgia Meloni, e con loro molti altri che dal Msi ad oggi, passando per Fiuggi, hanno seguito la strada tracciata da Fini. C'erano però oltre 50 parlamentari (ai quali vanno aggiunti 5 eurodeputati) che si ritrovano tutti nella leadership di Fini e hanno firmato un documento in questo senso. Non però gli uomini degli ex colonnelli, che hanno lanciato un controdocumento sottoscritto da 74 parlamentari per sottolineare 'l'irrevocabilità' del Pdl. Il problema è anche la reazione del resto del partito. In agguato anche la Direzione di domani, anche se pare improbabile che si arrivi a votare due documenti contrapposti sulla base degli interventi di Silvio Berlusconi e di Gianfranco Fini. Una prospettiva che vedrebbe Fini - in quell'organismo - decisamente minoritario. Quanto alla corrente finiana, però, viene definita "una cosa non ipotizzabile, non ha alcun senso": queste le reazioni emerse ieri pomeriggio dal vertice tra Pdl e Lega, presente Silvio Berlusconi, a palazzo Grazioli. In effetti il premier considera la vicenda una dimostrazione di debolezza dello stesso Fini, visto proprio il documento sottoscritto dai circa 50 parlamentari: intanto viene ritenuto 'soft', e poi una cosa è firmare una lettera, altra sarebbe aderire a una corrente. L'idea di essere inghiottito nelle liturgie da vecchio partito infastidisce Silvio Berlusconi come anche l'idea che su ogni provvedimento, da quelli che gli stanno più a cuore come la riforma della giustizia a quelli ordinari, si crei una piccola fronda con cui dover stare a discutere. Berlusconi comunque starà ad ascoltare quello che il presidente della Camera avrà da dire alla Direzione nazionale di domani, cercando di capire se ci sono ancora margini per rimettere assieme i cocci. E' chiaro che per Berlusconi questo vuol dire una sola cosa: chi è minoranza si adegua alle decisioni prese a maggioranza nel partito, e questo vuol dire che non ci devono essere discrepanze nel voto parlamentare.

Nessun commento: