mercoledì 15 luglio 2009

God save Silvio

Scandalizza i benpensanti, fa vendere i tabloid, scalda il popolo. La stampa scopre “l’effetto Diana” in politica
di Richard Newbury

Si dice che una foto della principessa Diana in copertina faccia vendere ai giornali il 30 per cento in più. Berlusconi non deve lamentarsi per le 7 righe appena del briefing americano per la stampa al G8, perché tutti quanti già sanno chi è il Cavaliere, e pare che faccia vendere i giornali tanto quanto Lady D: una circostanza che sicuramente gli fa piacere tanto quanto una vittoria del Milan nella Champions League. Per i posteri la cattiva pubblicità non esiste. I soli politici italiani del Dopoguerra che vantano fama internazionale sono Craxi, Berlusconi e forse Andreotti, e non a caso: i motivi sono sia positivi che negativi. Berlusconi e le sue scappatelle senili contribuiscono, come le capriole della famiglia reale britannica, all’allegria delle nazioni, non da ultimo per lo stato di indignazione ipocrita a cui il primo ministro italiano riduce quei fari dell’opinione liberal che sono il Guardian e il New York Times.

martedì 14 luglio 2009

COMUNICATO STAMPA di MARIO MAURO

La soddisfazione per l'importante risultato delle elezioni europee mi spinge innanzitutto a ringraziare i tanti italiani per la fiducia che mi hanno dimostrato. Mi sento perciò investito di una grande responsabilità. Gli italiani hanno capito che il cuore della sfida per lo sviluppo e per la pace si gioca per la maggior parte in Europa e ciò è dimostrato dal fatto che abbiano votato quasi il 70% degli aventi diritto. È stata una delle percentuali più elevate che dimostra la nostra fiducia nell'Europa e tutto il nostro interesse ad essere di nuovo protagonisti. L'Italia poi al contrario di altri Paesi ha ratificato il Trattato di Lisbona e, non dimentichiamolo, dopo la seconda guerra mondiale per prima ha creduto in questo progetto. Se crediamo nell'Europa, tuttavia, non dobbiamo nasconderci i problemi e constatare che quello che sta avvenendo in queste settimane lascia a dir poco perplessi. La decisione, peraltro ancora rimediabile, di alcuni gruppi politici del Parlamento europeo di non accordare la fiducia al Presidente della Commissione Barroso può rappresentare un elemento incomprensibile ai cittadini in un momento in cui c'è bisogno di grande determinazione e compattezza per venire fuori dalla crisi da parte delle Istituzioni europee.
Proprio perché ritengo che sia importante che i cittadini non perdano fiducia ulteriormente nel progetto europeo, intendo favorire con un gesto di responsabilità la definizione da parte del Gruppo PPE della candidatura popolare al ruolo di Presidente del Parlamento europeo. Costringere al voto il Gruppo martedì 7 luglio significherebbe produrre un'inutile e disdicevole spaccatura che avrebbe come conseguenza per la nostra famiglia politica arrivare divisi alla fase costitutiva della legislatura: quella in cui bisogna indicare con chiarezza gli obiettivi politici nell'interesse dei cittadini europei. D'intesa con i vertici del mio partito e del Gruppo PPE abbiamo deciso di ritirare la mia candidatura. Ringrazio al contempo di cuore il Governo italiano per il suo prodigarsi e soprattutto i tanti che hanno sostenuto questo tentativo e che ho di sentito rappresentare al di là del colore politico. Se il desiderio di soddisfare l'ambizione personale prendesse il sopravvento sullo spirito di servizio dimenticherei le ragioni del mio lavoro e di una fede che mi ha sempre educato alle ragioni degli altri. Lasciare il passo alla candidatura del caro collega Buzek è quindi un modo per contribuire responsabilmente al ruolo che i Popolari europei devono avere perché la politica e il progetto europeo, in particolare, vengano percepiti come tensione al bene comune e amore al destino dei nostri popoli.

venerdì 3 luglio 2009

Chi vuole il tramonto dell’Italia a Bruxelles

Contro Mauro, candidato del Pdl alla presidenza del Parlamento Ue, le mire economiche di Berlino, la beceraggine del Pd e un po’ di pregiudizio anticattolico
di Rodolfo Casadei

In questa storia della contrastata candidatura di Mario Mauro alla presidenza del Parlamento europeo le offese più gravi le ha patite il comune senso del pudore, maltrattato dagli stessi che da settimane cercano di usarlo politicamente contro il presidente del Consiglio. Scarso pudore decisamente mostrano quei tali del Partito democratico che sostengono di non aver mai messo i bastoni fra le ruote al candidato del Partito delle libertà, e che anche stavolta la colpa di quel che non funziona è di Silvio Berlusconi. Il quale da parte sua era sbottato: «Ho visto una dichiarazione della sinistra che dice di voler votare contro Mauro: è una vergogna. Ricordo che per Prodi noi abbiamo dato il nostro voto». Aveva replicato il neo capodelegazione del Pd al Parlamento europeo David Sassoli: «Berlusconi cerca di scaricare sul Partito Democratico l’incapacità della sua delegazione di far valere la candidatura di Mauro al Parlamento europeo. Il Pd non si è mai pronunciato su Mauro perché la sua candidatura non è mai stata ufficializzata, ma si tratta solo di voci circolate dopo vertici a casa del presidente del Consiglio». Il bel tenebroso passato direttamente dalla sua scrivania al Tg1 allo scranno di eurodeputato ha pronunciato senza rossore la prima gigantesca bugia della sua neonata carriera politica, con la stessa disinvoltura con cui leggeva i rulli del telegiornale. Si dà infatti il caso che della campagna anti-Mauro del Pd abbia dato notizia per primo e in prima pagina, l’11 giugno scorso, niente meno che Europa, il quotidiano ufficiale del Partito democratico. I casi sono due: o David Sassoli non legge il giornale del suo stesso partito; oppure lo legge ma poi dice inesattezze, convinto che gli altri italiani, compresi i suoi ex colleghi giornalisti, per informarsi guardino solo la televisione.In realtà per richiamare i democratici c’è voluto addirittura un intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Penso che l’onorevole Mario Mauro abbia tutti i titoli per aspirare all’incarico di presidente del Parlamento europeo», ha detto il capo dello Stato il 19 giugno. Infatti non potendo confessare l’ossessione antiberlusconiana all’origine della loro presa di posizione, i democratici (e il loro giornale Europa) adducevano fra gli argomenti a favore della bocciatura di Mauro il maggior prestigio politico di Jerzy Buzek, ex primo ministro polacco. Già, peccato però che Buzek si sia affacciato al Parlamento europeo cinque anni dopo Mario Mauro, che sia stato presente meno, abbia lavorato meno e ricoperto meno incarichi; peccato che solo il 24 per cento dei polacchi si sia scomodato per andare a votare l’Europarlamento, contro il 67 per cento degli italiani, che la delegazione italiana nel Ppe conti 35 seggi contro i 25 polacchi, e che abbia ricevuto più voti di tutti gli altri: 12 milioni, addirittura più dei tedeschi di Cdu-Csu (10 milioni), che portano in dote più seggi (42) solamente perché alla Germania ne spettano più che all’Italia.Le chiavi interpretative per capire l’opposizione a un candidato iper qualificato come Mario Mauro sono dunque ben altre, a cominciare dall’aspirazione della Germania e più in generale dell’asse franco-tedesco ad esercitare un ruolo di potenza tutelare nell’Europa dell’Est, e ad esercitarlo non in contrasto, ma in armonia con Mosca. La Germania da una parte costruisce insieme alla Russia gasdotti sottomarini che aggirano la Polonia (e lascia sedere un ex cancelliere come Gerhard Schröder nel consiglio di amministrazione di Gazprom, la più importante società di Stato russa), dall’altra offre agli innervositi polacchi il contentino della presidenza del Parlamento europeo.Un altro dettaglio da notare è che Angela Merkel, grande sponsor del candidato polacco, è cristiana luterana come Jerzy Buzek. Del resto per commentatori come Gad Lerner e Pierfranco Pellizzetti (Micromega) la ragione per cui la candidatura di Mauro merita la sconfitta è che un cattolico come lui non si deve permettere di militare e fare fortuna in un partito il cui leader sarebbe un libertino. Forse se Mauro facesse come altri cattolici (tipo: Prodi, Bindi, Franceschini) che hanno militato o militano in partiti e coalizioni che – a differenza di quelli sotto l’egida di Berlusconi – promuovono la distribuzione di preservativi nelle scuole medie, la fecondazione eterologa, la selezione eugenetica degli embrioni, i Dico, il divorzio veloce e altro ancora, allora il giudizio su di lui sarebbe un tantino diverso.