venerdì 18 febbraio 2011

il 26 marzo tutti in piazza!

Il Cav pensa a una manifestazione di massa per aprire la campagna elettorale e puntare il dito contro i pm politicizzati. Oggi incontro con Bertone in Vaticano.

Berlusconi al contrattacco pensa a una manifestazione il 26 marzo. E spiega: non l'ha avuta vinta Fini, non l'avranno vinta neppure i suoi amici magistrati. Tremonti convoca un supervertice sulla crescita. E stamani in Consiglio dei ministri potrebbe arrivare la riforma della giustizia.

giovedì 17 febbraio 2011

Grande Nichi! Ne sa una più del diavolo.


Ci pensa il "papa straniero" Nichi Vendola a svegliare il PD lanciando la sua ultima proposta: candidare Rosy Bindi a guidare un'ampia coalizione di centro sinistra (ma cos’ha bevuto?).

Una proposta cui fa subito eco anche Romano Prodi che dice:«Tutto il potere a Rosy, perché non lei premier? In determinazione la batte solo la Albright». Bindi ringrazia, ma si schermisce.

Parte del Pd si irrita, lamentando le "sparate" settimanali di Vendola. Nicola Latorre, suo conterraneo, dice invece che la proposta di Vendola è positiva anche perché contempla la candidatura di una donna (donna? Ma avete visto la foto? Ha i baffi!): "Ora è la coalizione che deve stringere su una proposta". Che è ciò che il Pd, puntualmente, non sa fare.

A parte ciò, in molti, anche ben più a sinistra di lei, preferiscono la "passionaria" Bindi al segretario al lambrusco Bersani. In molti hanno plaudito al suo "Io non sono una donna a sua disposizione" da lei detto a Berlusconi, quando lui le disse "lei è una donna più bella che intelligente" (grande Silvio! Sempre la battuta pronta). In molti apprezzano la sua schiettezza, rispetto alla fumosità dei dirigenti usciti dalle Frattocchie, Baffino D'Alema su tutti. Nessuno può dire che Bindi sia comunista, perché non lo è. L'elettorato cattolico la dovrebbe appoggiare (si…, quello che si è bevuto il lambrusco di Bersani!) Rosy come Merkel de noaltri? Ormai può succedere di tutto, nel grande circo Barnum che è il partito democratico.

Dichiarazione dei redditi, CUD 2011.




Entro il 28 febbraio i dipendenti devono ricevere il Cud per la certificazione dei redditi del 2010. E in alcuni casi i loro obblighi col fisco finiscono qui.

Inizia a fine mese la lunga stagione delle dichiarazioni fiscali. Prima scadenza il 28 febbraio, data in cui i lavoratori dipendenti dovranno ricevere dal loro datore il modello Cud. Più che di una dichiarazione (del lavoratore-contribuente) si tratta di una certificazione (del datore-sostituto d'imposta) delle somme erogate e delle relative ritenute effettuate. Il modello viene consegnato generalmente in formato cartaceo ma può essere trasmesso anche in formato elettronico purché sia stampabile e utilizzabile per i successivi adempimenti.
E' proprio questo il punto di interesse per i lavoratori: se spesso il Cud è la "base" per le loro successive dichiarazioni (
modello 730 o Unico), ci sono casi in cui il contribuente non deve fare altro e i suoi obblighi verso il fisco sono a carico per intero del datore di lavoro.
Il Cud è per l'appunto la certificazione per il contribuente di una serie di dati fiscali e previdenziali:
i redditi di lavoro dipendente o assimilati (ad esempio i compensi di soci di cooperative o dei sacerdoti) e di pensione corrisposti nell’anno precedente e assoggettati a tassazione;
le relative ritenute di acconto effettuate dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico e versate al fisco;
le detrazioni effettuate;
i dati previdenziali e assistenziali del lavoratore e l’importo dei contributi a carico del lavoratore versati o dovuti all’Inps e all’Inpdap (ente previdenziale dei dipendenti pubblici).

Quando basta il Cud
Se il contribuente non ha percepito altri redditi che devono essere assoggettati a tassazione (per esempio dei compensi per collaborazioni o consulenze il canone d'affitto di un appartamento) non è obbligato a presentare altre dichiarazioni. Questo sempre a condizione che il datore di lavoro abbia eseguito correttamente il conguaglio delle imposte.
In questi casi però la successiva dichiarazione dei redditi, pur non obbligatoria, può essere conveniente per il contribuente. Serve infatti a portare in deduzione (dal reddito imponibile) o in detrazione (dall’imposta) delle spese sostenute. E' il caso, per esempio, delle
spese mediche, degli interessi sui mutui, delle spese per le ristrutturazioni ecc.
In questo caso il contribuente ottiene un credito d'imposta (dal momento che il datore ha già effettuato le trattenute sul reddito da lavoro senza considerare questi sgravi) che può compensare con altri debiti o riscuotere direttamente con una successiva busta paga se utilizza il modello 730.

Le novità del Cud 2011
La principale novità riguarda la tassazione dei bonus e delle stock option, cioè gli extra rispetto alla retribuzione ordinaria che spesso vengono riservati a quadri e dirigenti. Se questo tipo di compensi superano il triplo della parte fissa della retribuzione è applicata una addizionale del 10%.

8 e 5 per mille

Anche se il contribuente non presenta una dichiarazione dei redditi può comunque esprimere la propria scelta, utilizzando l’apposita scheda allegata al Cud, per la destinazione:
dell'8 per mille delle sue imposte allo Stato, alla Chiesa cattolica o ad altra istituzione religiosa
del 5 per mille ad associazioni non profit, enti di ricerca scientifica, comuni e associazioni sportive dilettantistiche e comuni.



mercoledì 16 febbraio 2011

Ma bravo Renzi!



Nel giorno del rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per il caso Ruby, un buffetto affettuoso gli arriva da Matteo Renzi, sindaco di Firenze, leader (ma lo è ancora?) dei "rottamatori" del Pd, criticatissimo per essere andato a pranzo ad Arcore per chiedere al capo del governo maggior peso per Firenze nel milleproroghe.

Renzi, presentando il suo libro Fuori!, ha detto: "Nessuno è come Silvio Berlusconi, più di Silvio Berlusconi, depositario di un amore sconfinato. In tanti mi dicono che dovrei essere più antiberlusconiano. Ma io non riesco a odiare Berlusconi, neanche sforzandomi. Non ce la faccio. E’ più forte di me”.

Il sindaco dice che la sua sia "la reazione a un atteggiamento di antiberlusconismo viscerale che giudico dannoso più che inutile”. Quindi, fiato di nuovo alla rottamazione: "Mandare a casa i nostri mi pare la precondizione indispensabile per provare a mandare a casa gli altri, un centrodestra che ha saputo vincere tante volte le elezioni senza mostrare quell’effettiva capacità di governo che persino gli elettori berlusconiani oggi rimproverano”. E chiude il libro con questa massima: ”Meglio essere accusati di arroganza oggi che processati per diserzione domani”.

Il suo segretario, Bersani, nel frattempo corteggia la Lega (come fece D'Alema, ottendendo la caduta del primo governo Berlusconi) richiamando, nella sua intervista a La Padania, il lato "popolare e non populista" del partito di Bossi e spingendo sul federalismo. Bossi per ora continua ad essere fedele al premier. Forse Renzi, dopo Arcore, potrebbe andare a Gemonio a dirgli "Ovvìa Umberto, non fare il bischero!" Ne sarebbe di certo capace, come in un copione del suo concittadino Pieraccioni.

martedì 15 febbraio 2011

Franceschini è un idiota...

Dario Franceschini del PD ha dichiarato sulla notizia che Berlusconi è stato rinviato a giudizio: "Noi non esprimiamo giudizi sulla colpevolezza o meno del presidente del Consiglio, la presunzione di colpevolezza vale anche per lui. Ma faccia come un qualsiasi uomo politico del mondo: basta, si dimetta, se si proclama innocente non fugga dalla giustizia e vada davanti ai giudici".

Fino a prova contraria in un Paese democratico è "presunzione di innocenza" non di colpevolezza! Se bastasse la presunzione di colpevolezza per far dimettere un copo di Stato allora dovrebbero tremare tutti i leader degli stati del Mondo...

Caro Franceschini vai a nasconderti!!!

inquietante!

Un libro con raccolta intercettazioni.

Si intitola 'Onorevole bunga bunga. Berlusconi, Ruby e le notti a luci rosse di Arcore' (BePress Edizioni, 480 pagine, 18 euro) e - secondo il curatore Marco Marsili - è il primo libro sul 'Rubygate'. Il volume - disponibile nelle librerie dal 24 febbraio - contiene la trascrizione delle intercettazioni originali trasmesse dalla Procura della Repubblica di Milano alla Giunta per le autorizzazioni della Camera.

Non è possibile che in un paese democratico, come pensa di essere il nostro, si possano pubblicare intercettazioni telefoniche che dovrebbero invece essere coperte dal segreto istruttorio. Addirittura arrivare a scrivere un libro, mi sembra veramente troppo!

SILVIO NON MOLLARE MAI!

venerdì 11 febbraio 2011

Grande Ferrara!

"Sono 17 anni - ha detto Ferrara - che c'è un circuito, circo, partito mediatico giudiziario, si passano le carte, i giornalisti fanno quello che i pm non possono fare, i giornalisti diventano magistrati e i magistrati giornalisti. Questo non riguarda solo l'onorabilità dei cittadini, dei politici o altri ma la salute della Repubblica e il funzionamento regolare delle istituzioni", ha detto Ferrara per il quale c'è "la dichiarata volontà da parte del gruppo editoriale l'Espresso" che fa anche "grandi giornali" e dei professoroni del Palasharp di abbattere Berlusconi con mezzi extra parlamentari".


"Il loro ragionamento - ha proseguito - è dire la sfiducia non passa, al voto Berlusconi resiste e ritorna, ci vuole un altro mezzo, quello giudiziario". Per Ferrara "il puritanesimo è violento e brutale" e "non è possibile trasformare i peccati in reati, se Berlusconi non ha avuto una vita sobria non è possibile approfittarne per metterlo sotto processo".


venerdì 4 febbraio 2011

Sì al federalismo e su Ruby dall'aula il no ai pm.

Berlusconi punta a un allargamento dopo l'approvazione del decreto e il no alle perquisizioni nell'ufficio di Spinelli.
Regge ancora l'asse tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi e, nonostante il voto contrario in Bicamerale, il governo ieri sera ha forzato la mano e emanato il decreto legislativo sul fisco comunale. Le opposizioni hanno gridato allo scandalo, Bersani ha parlato di un "Inaudito schiaffo al Parlamento". Da un lato è stata una buona giornata per Berlusconi, tanto più che la Camera ha respinto la richiesta dei giudici di Milano di concedere, nel caso Ruby, la perquisizione degli uffici del suo amministratore privato Giuseppe Spinelli. La maggioranza ha raggiunto l'agognata quota 316. Berlusconi avrebbe salutato il via libera della Camera così: E' chiaro a tutti che l'Italia non è ancora una repubblica in cui comandano i pm.

Dunque la maggioranza tiene, e in nottata il premier ha assicurato pure che pensa che riuscirà ad allargarla ancora: "andremo avanti", ha ribadito. Di sicuro, per il momento la situazione è rinsaldata dall'ok dato dal Consiglio dei ministri al decreto sul federalismo appena bocciato in Parlamento. L'appiglio tecnico è stato il parere della commissione Bilancio del Senato, che ha recepito tutte le modifiche apportate al decreto durante il confronto in Bicamerale. E così il leader della Lega, Umberto Bossi, ha potuto rivendicare che "la Lega mantiene le promesse". Ma l'opposizione - col segretario Pd Pierluigi Bersani - grida al "colpo di mano", all'"inaudito schiaffo al Parlamento" per approvare "il federalismo delle tasse".


La Lega aveva provato fino all'ultimo, anche in un faccia a faccia Bossi-Fini, a strappare almeno l'astensione di Fli in Bicamerale. Ma il terzo polo aveva retto compatto, e il parere di maggioranza era stato respinto. A decidere la strategia successiva è stato un lungo vertice a palazzo Grazioli, in cui Bossi ha imposto al premier l'approvazione immediata del decreto.


Ma dopo la forzatura, il cammino dei successivi decreti attuativi sarà ovviamente più difficile. Per questo la maggioranza ha chiesto di rivedere la composizione della Bicamerale per il federalismo, ridimensionando il terzo polo e ristabilendo rapporti di forza favorevoli alla maggioranza.


Il Quirinale, da parte sua, attende di avere tutti gli elementi di valutazione per esprimersi sul decreto. Spetta infatti al presidente della Repubblica l'ultima parola sul provvedimento e senza dubbio, visto l'unicum che questo caso rappresenta, Napolitano esaminerà attentamente tutti gli aspetti della questione prima di decidere se emanarlo o meno.

mercoledì 2 febbraio 2011

I due dell’apocalisse democratica.

Mentre l'ammucchiata anti-Berlusconi proposta da D'Alema ha già perso un pezzo e mezzo, dopo il no secco di Di Pietro e la solita spaccatura dentro Fli, Bersani non si è fatto mancare nulla perdendo le primarie anche a Cagliari.
Insomma, l'accoppiata D'Alema-Bersani - la mente e il braccio dell'agognata riscossa del Pd - sembra, più che una falange politica, una riproposizione grottesca di figure letterarie come Don Chisciotte e Sancho Pancia o, in modo forse più calzante, di personaggi dell'avanspettacolo come i fratelli De Rege. Da quando ha ripreso in mano le redini del partito, infatti, la strana coppia non ne ha mai azzeccata una.

martedì 1 febbraio 2011

Appello di Silvio sul Corriere della Sera.

Gentile direttore,
il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese. Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo. Vorrei brevemente spiegare perché il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece un a irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.

Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male. Ma non è così. L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi. Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza. Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura. Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.

Per fare questo occorre un’economia decisamente più libera, poiché questa è la frustata di cui parlo, in un Paese più stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di sé e del proprio futuro. La «botta secca» è, nonostante i ragionamenti interessanti e le buone intenzioni del professor Amato e del professor Capaldo, una rinuncia statalista, culturalmente reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale. La Germania lo ha fatto questo balzo liberalizzatore e riformatore, lo ha innescato paradossalmente con le riforme del socialdemocratico Gerhard Schröder, poi con il governo di unità nazionale, infine con la guida sicura e illuminata di Angela Merkel. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la locomotiva è ripartita. Noi, specialmente dopo il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori, possiamo fare altrettanto.

Non mi nascondo il problema della particolare aggressività che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico. Ne sono preoccupato come e più del presidente Napolitano. E per questo, dal momento che il segretario del Pd è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni e, nonostante qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo, ha la cultura pragmatica di un emiliano, propongo a Bersani di agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana; un piano del governo il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani.

Lo scopo indiretto ma importantissimo di un piano per la crescita fondato su una frustata al cavallo di un’economia finalmente libera è di portare all’emersione della ricchezza privata nascosta, che è parte di un patrimonio di risparmio e di operosità alla luce del quale, anche secondo le stime di Bruxelles, la nostra situazione debitoria è malignamente rappresentata da quella vistosa percentuale del 118 per cento sul Pil. Prima di mettere sui ceti medi un’imposta patrimoniale che impaurisce e paralizza, un’imposta che peraltro sotto il mio governo non si farà mai, pensiamo a uno scambio virtuoso, maggiore libertà e incentivo fiscale all’investimento contro aumento della base impositiva oggi nascosta. Se a questo aggiungiamo gli effetti positivi, di autonomia e libertà, della grande riforma federalista, si può dire che gli atteggiamenti faziosi, ma anche quelli soltanto malmostosi e scettici, possono essere sconfitti, e l’Italia può dare una scossa ai fattori negativi che gravano sul suo presente, costruendosi un pezzo di futuro.

Silvio Berlusconi, lettera al Corriere della Sera, 31 gennaio 2011