martedì 16 febbraio 2010

Mancanza di valori morali e relativismo.

Ti proponiamo alcuni spunti di discussione proposti da Mariastella Gelmini e Sandro Bondi sul tema dei cattoliici impegnati in politica.
Tutti coloro che sono impegnati in politica, e in modo particolare i cattolici che militano in diversi schieramenti politici, hanno il dovere di non far cadere nel vuoto le parole illuminanti di S.E. il Cardinale Angelo Bagnasco, contenute nella sua prolusione nel corso dei lavori della Conferenza episcopale italiana. Quanto più difficili sono le condizioni del Paese e l’impegno necessario a farvi fronte per assicurare un futuro migliore al nostro Paese, tanto più è necessario promuovere una nuova generazione di esponenti politici, “onesti e competenti”, secondo l’auspicio formulato recentemente anche dal Santo Padre, capaci di agire in coerenza con l’insegnamento della Chiesa e a favore degli interessi generali del nostro Paese. L’Italia ha bisogno di profonde riforme per superare i suoi storici ritardi, per mettersi al passo con lo sviluppo, ma questa convinzione si accompagna alla fiducia nel popolo italiano, alla fiducia nei confronti di una società che non è il luogo della virtù ma neppure del menefreghismo o del qualunquismo, come pensano alcuni influenti ambienti politici e culturali. Anzi, la crisi economica che abbiamo attraversato ha dimostrato che il nostro sistema sociale, i valori della nostra tradizione, quel tessuto multiforme di cui da anni parla De Rita nelle sue ricerche, hanno dato vita ad una struttura più robusta e più sana di quanto non si creda. Questa crisi, infatti, non è la crisi del capitalismo o del mercato: ma è scaturita dall’assenza di regole, anzi dalla violazione delle regole, dalla mancanza di valori morali condivisi e di un fine sociale e umano dello sviluppo. Questo spirito, questo pensiero non è un’ideologia, è quanto di meglio hanno espresso le culture democratiche del nostro tempo, soprattutto la dottrina sociale della Chiesa: la convinzione che anche l’economia deve avere una finalità, di carattere sociale, umano, spirituale, che nessuno può essere lasciato solo, soprattutto quando soffre. Nella sua ultima ultima enciclica (Caritas in Veritate), il Santo Padre lo ha ricordato con una ricchezza di argomenti e di prospettive sulle quali laici e credenti sono chiamati a riflettere, se vogliono umanizzare la società in cui viviamo. L’attuale crisi ha certamente restituito un ruolo allo Stato, come garante delle regole, ma sarebbe un errore pensare ad un ritorno ad un ruolo centrale dello Stato come fu dopo la grande crisi del 1929, che influenzò anche la cultura cattolica. Non a caso, la crisi economica e i necessari interventi dello Stato non hanno coinciso con l’affermarsi delle posizioni della sinistra in tutta Europa. Ciò perché la crisi pone questioni nuove che né lo Stato né politiche liberiste incentrate sulla totale libertà dell’individuo possono risolvere. Questa visione della società si fonda su una concezione personalista e comunitaria frutto dell’incontro fra la tradizione del cristianesimo e quella del socialismo umanitario e liberale, oltre che dell’apporto di tutte quelle tradizioni che hanno valorizzato la dimensione personale e sociale dell’uomo. Questa visione dell’uomo e della società rifugge dalle ideologie, ma continua a coltivare la speranza di un cambiamento, cioè di una umanizzazione della società; è anche una identità che non abbraccia né l’ideologia del relativismo né quella - altrettanto preoccupante - dell’accettazione della realtà così com’è, ma nello stesso tempo non condanna la realtà e l’uomo moderno sulla base di principi assoluti. Questa identità ha un nucleo di valori forti e unitari (non di tradizioni che semplicemente si giustappongono), di ideali che tendono a calarsi nella realtà e a trasformarla, ma nello stesso tempo è compassionevole, caritatevole nei confronti dell’uomo e delle sue contraddizioni, aperta al dialogo e alla comprensione delle ragioni degli altri. Come non essere d’accordo con Papa Benedetto XVI quando scrive che “un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. E’ esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale”. Nello stesso tempo, “non possiamo sempre gridare forte la verità. Essa presuppone amore e sensibilità. Gli esseri umani sono più che mai in cerca di sollievo e aiuto nel dialogo”. Il mondo cattolico rivendica un pensiero di verità, che si accompagna però alla comprensione per l’uomo, per le sue sofferenze, le sue domande.Questa identità complessa e aperta ci spinge sul piano politico ad un’azione che punti innanzitutto a superare le divisioni, le fratture, gli steccati, nella sfera della società dell’economia della politica, della cultura per creare le condizioni di un’Italia più coesa, più unita, più solidale.Il primo compito riguarda proprio la sfera del confronto politico, sempre più contrassegnato da un clima di contrapposizione radicale e di demonizzazione nei confronti degli avversari politici.Un Paese moderno ha bisogno al contrario di superare queste contrapposizioni ideologiche e di puntare ad una democrazia nella quale il confronto si misura sui contenuti e sui programmi, a partire da un riconoscimento reciproco di legittimità e sulla base della condivisione di valori comuni.

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