giovedì 28 gennaio 2010

Via libera al piano antimafia.

Il governo ha varato un decreto che istituzionalizza l'Agenzia nazionale. Maroni: +300% operazioni contro organizzazioni criminali.

Via libera al piano antimafia in 10 punti. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri straordinario, riunito oggi a Reggio Calabria, per contrastare la criminalità organizzata. Nella riunione di governo, l'esecutivo ha approvato il ddl che contiene, fra l'altro, le nuove norme antimafia. Nel corso della conferenza stampa il premier ha dichiarato che una "riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali". Il governo ha inoltre varato un decreto che istituzionalizza l'Agenzia nazionale per i beni sottratti alla criminalità organizzata che avrà sede a Reggio Calabria. Il resto delle misure è invece contenuto in un ddl. "Siete contenti che abbiamo portato qui il Cdm? Così vi facciamo vedere quello che stiamo facendo contro la criminalità", ha detto il premier Silvio Berlusconi arrivando in prefettura nel capoluogo calabrese. "Solo il nostrogoverno ha adottato interventi efficaci. I governi di centrosinistra della tredicesima e quindicesima legislatura aquesto riguardo non hanno adottato nessun provvedimento su questa materia", ha aggiunto Berlusconi in conferenza stampa.Il piano antimafia prevede l'istituzione dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati. Nel Ddl, invece, sono contenute norme per un codice delle leggi antimafia, si prevedono nuovi strumenti di agggressione ai patrimoni dei mafiosi e nuove misure per il contrasto all'ecomafia. Sono inoltre introdotte nuove misure di sostegno alle vittime del racket e dell'usura e si istituisce una mappa informatica delle organizzazioni criminali. Altre norme prevedono il potenziamento delle azioni antimafia del settore degli appalti, un piano internazionale contro le criminalità transnazionale e altre misure di contrasto al crimine.

I PUNTI PRINCIPALI DELLA CONFERENZA STAMPA DI BERLUSCONI, ALFANO E MARONI:
"Per battere la mafia è necessario aggredire il patrimonio mafioso. Metteremo questo obiettivo al centro dell'attività di contrasto", ha spiegato Berlusconi illustrando il piano. "Il numero di operazioni di polizia contro le organizzazioni criminali è aumentato "dal 30 al 300% rispetto al periodo precedente al governo Berlusconi". Nei 19 mesi del governo Berlusconi, ha continuato Maroni, sonostati sequestrai 12.111 beni mobili e immobili, per un controvalore di 7 miliardi di euro (+100% rispetto allo stesso periodo precedente) e sono stati confiscati 3.122 beni per un controvalore di circa 2 miliardi di euro (+345%). Il primo compito della Agenzia nazionale, che si insedierà "entro 15 giorni" sarà quello di realizzare "una grande mappa nazionale sui beni sequestrati e confiscati" alle organizzazioni criminali per "rendere più efficace il loro utilizzo, ha aggiunto Maroni. Inoltre sarà realizzata una "mappa informatica" delle reti criminali "Macro, acronicmo di Mappa della criminalità organizzata", ha annunciato il ministro dell'Interno. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha attaccato il Consiglio Superiore della magistratura: "Ho inoltrato due settimane fa la richiesta per il parere con le procedura d'urgenza per l'invio a Reggio Calabria di sei nuovi magistrati. Ancora oggi non ho ricevuto risposta. So bene che il Csm è impegnato a dare pareri contro le leggi di questo governo, ma se dessero i pareri su cose più urgenti noi gli ne saremmo grati". Le aziende avranno una "white list con le persone a cui possono affidare dei lavori", un provvedimento "di un'utilità straordinaria", ha dichiarato Berlusconi. Il premier è poi tornato ad attaccare le fiction tv sulla mafia. "Mafia, camorra, le altre organizzazioni criminali sono una terribile patologia per il nostro Paese: ne paghiamo per la nostra immagine all'estero, abbiamo avuto la brutta abitudine di fare fiction sulla mafia che hanno portato un'immagine negativa nel mondo, spero che questa brutta abitudine sia finita".

mercoledì 27 gennaio 2010

Scandalo acqua, Casini c'entra sempre!

Le società di sinistra che gestiscono il sistema idrico dovevano 1,2 miliardi all’Ue. Ma grazie al centrodestra la sanzione ora è stata ridotta a 400 milioni. Nel triennio ’96-’99 Prodi e D’Alema le agevolarono per quotarsi in Borsa.

Le municipalizzate rosse fanno shopping, il governo Berlusconi riduce i loro debiti. Attraverso gli accordi trentennali con gli Ato (praticamente irrisolvibili, pena danarose penali a carico del contribuente) e grazie anche a una transumanza di ex manager pubblici vicini al centrosinistra ai vertici delle 91 Autorità di ambito territoriale, negli ultimi 15 anni queste società non hanno investito a sufficienza nella ristrutturazione della rete degli acquedotti (come dimostrano le ricerche di Kpmg e Althesys pubblicate ieri sul Giornale), ma hanno preferito andare a caccia di azioni. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il sistema fa acqua e manca un’Autorità di controllo che sorvegli e sanzioni le irregolarità. Il dl Ronchi, la riforma di riassetto del sistema dei servizi pubblici che entrerà a regime nel 2012 la prevede, anche se non è chiaro se si tratterà di un Garante vero e proprio, di una sezione specifica in capo all’Authority per l’Energia o di un rafforzamento del Co.vi.ri (il comitato per la vigilanza dell’uso delle risorse idriche). Anziché liberalizzare il sistema e sottrarre un bene così prezioso dal giogo della politica, separando la proprietà delle reti dalla gestione del servizio idrico, si è preferito percorrere una strada che ha dato solo problemi e creato debiti.

Un peccato «politico» per chi, come il sindaco di Roma Gianni Alemanno, aveva la possibilità di modificare la governance dell’ex municipalizzata romana Acea, fino a ieri poltronificio delle giunte rosse Rutelli e Veltroni e di Francesco Gaetano Caltagirone, editore del Messaggero e suocero del leader Udc Pier Ferdinando Casini. Il caso Acea è emblematico: controllata al 51% dal Comune di Roma, tra gli azionisti di minoranza «pesante» ci sono la francese Gdf-Suez (9,9%), partner nelle joint venture elettriche in AceaElectrabel, che vorrebbe comprare più azioni e lo stesso costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone (azionista con circa il 7,9 per cento delle quote) assieme al fondo britannico Pictet (2,2%). La cessione delle quote in mano al Campidoglio (agli attuali prezzi di mercato, visto che negli ultimi 20 mesi ha dimezzato il suo valore passando dai 13,5 euro di maggio 2008 agli attuali 7 e rotti) vale tra i 300 e i 400 milioni di euro. Una mossa annunciata dallo stesso Alemanno al Sole24Ore qualche giorno fa, che non è passata inosservata. Le azioni Acea infatti fanno gola agli azionisti di minoranza come Gdf e Caltagirone, che ha la prelazione sull’acquisto, ma anche ad altri soggetti come Iride e la milanese A2A.

martedì 26 gennaio 2010

Patetica intervista di Prodi.

"Tre settimane fa ero a Campolongo, a sciare. In fila per lo skilift la gente mi fermava e mi chiedeva solo questo: ma chi comanda, nel Pd?". Una domanda cui Romano Prodi, intervistato da 'Repubblica', non sa rispondere, anche perchè "ormai sono fuori, e quando si è fuori si è fuori". Ma poi, osserva amareggiato l'ex premier, "sa cosa mi dispiace, soprattutto? E' vedere che ormai sembra sempre più debole la ragione dello stare insieme...". Un quadro che giustifica la domanda successiva: che ne sarà del Pd? "Non lo so, speriamo bene...", è l'unica risposta che Prodi è in grado di dare. Di sicuro, non sarà lui a 'salvare la patria' ancora una volta: "E no, salvatore della patria no! Va bene una volta, va bene due volte, ma tre volte proprio non si può. Grazie tante, ma abbiamo già dato...". Nel colloquio con il quotidiano romano, Prodi torna anche sulle dimissioni del sindaco di Bologna Flavio Delbono: "Prima di tutto, analizziamo la dimensione del problema. Di cosa si sta parlando? Non si distrugge la vita di un uomo, come è accaduto in questi giorni, per una storia come quella, per una manciata di euro... Certo - precisa il Professore - doveva essere più accorto. Ma in questi giorni nessuno si è limitato a dire questo: gli hanno dato del delinquente, invece. Hanno parlato di limite etico travolto. Eppure altrove, per altri amministratori locali di centrodestra che ne hanno combinate di tutti i colori, nessuno ha gridato allo scandalo, e si è mai sognato di chiedere le dimissioni. Allora queste cose le vogliamo dire sì o no?". Una situazione da cui si è usciti con le dimissioni del sindaco, un gesto che "conferma la differenza di stile di Delbono: ha compiuto un atto di responsabilità verso la città. Ora sarà più libero di dimostrare la sua innocenza, della quale sono non sicuro, ma sicurissimo. Non era obbligato a dimettersi, ma l'ha fatto. Ha messo il bene comune sopra a tutto, prima delle convenienze personali. Chi altri l'avrebbe fatto? La Moratti, forse?". Anche nel caso di Bologna, infine, Prodi esclude con decisione che possa essere lui il candidato del centrosinistra: "Ma non ci pensi neanche un momento... Gliel'ho già detto: in politica o si sta dentro, o si sta fuori. E io dentro ci sono già stato anche troppo. Mi riposo, leggo, studio molto, faccio le mie lezioni qui in Italia e in Cina. E sono sereno così".

giovedì 21 gennaio 2010

La politica dei due forni dell'Udc non rispetta i cittadini.

"Con l’Udc in Lombardia la strada e’ ormai chiusa. La politica dei "due forni" non rispetta i cittadini. Avevamo chiesto un segnale di coerenza, almeno per il Piemonte e la Liguria". Lo ha espresso il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, intervenendo alla trasmissione ’Mattino Cinque’ su Canale 5. "Questa volta siamo noi che abbiamo detto all’Udc che bisogna essere coerenti. Non puo’ pensare di fare alleanze a macchia di leopardo. Abbiamo chiesto una minima prova. La politica dei ’due forni’ mi sembra poco rispettosa dei cittadini. L’Udc, perlomeno qui nel Nord, deve avere un atteggiamento unitario. Non puo’ candidarsi contro di noi in Piemonte, contro di noi in Liguria, contro di noi in Veneto, e poi pretendere di venire con noi in Lombardia perche’ vinciamo".

Libertà economica: Italia 74esima per colpa di incompetenza, fisco e corruzione.

L'indice è stato elaborato da Heritage Foundation e Wall Street Journal, in collaborazione con l'Istituto Bruno Leoni per l'Italia.

Il nostro paese è "libero" al 62,7%: 1,3 punti in più dello scorso anno che ci consentono di passare dal 76esimo al 74esimo posto, ma il miglioramento, secondo gli autori dell'Indice "riflette modesti avanzamenti nella libertà di scambio e nella libertà di investimento". E si aggiunge che "la libertà economica complessiva dell'Italia è ridotta da una gestione inefficiente delle finanze pubbliche, una corruzione diffusa, e un elevato carico fiscale". In Europa, peggio dell'Italia si piazza solo la Bulgaria (75esima col 62,3%). Va fatta una precisazione: l'indice rivela un'ideologia ben precisa, totalmente contraria alle politiche keynesiane (John Maynard Keynes ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico nell'economia con misure di politica fiscale e monetaria, qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione) e all'intervento statale in economia. Secondo gli autori, giusto per fare un esempio, i pacchetti di stimolo anticrisi sono più dannosi che utili. Si legga per esempio quanto dice Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni: "Siamo oggi un Paese economicamente più libero non per nostra virtù ma per vizio altrui. Viene premiato, con un piccolo segnale positivo, il buon senso di non aver messo in atto costosi piani di stimolo, ritornando a insostenibili posizioni keynesiane. Ma non è certo possibile accontentarsi. C'è una lunga china, tutta da risalire. E investire oggi sulla libertà economica è fondamentale per potere finalmente uscire dalla spirale del declino". Per elaborare l'indice si analizzano dieci indicatori, che vengono calcolati annualmente per 179 Paesi. Nel 2010, le prime posizioni restano appannaggio di quattro paesi dell'Asia e del Pacifico (Hong Kong, Singapore, Australia e Nuova Zelanda). Il Regno Unito scende sotto la decima posizione, e gli Stati Uniti calano all'ottava posizione, come conseguenza delle politiche interventiste assunte in funzione anticrisi. Tra le venti maggiori economie, in effetti, gli Usa sono quella che ha conosciuto la contrazione più grave della libertà economica (2,7 punti in meno del 2009), mentre la Polonia ha compiuto il passo avanti più significativo (+2,9%). Per quel che riguarda l'Europa, l'Irlanda si conferma il paese più libero a livello Ue (quinto posto, 81,3%), nonostante la perdita di 0,9 punti percentuali, seguita dalla Danimarca (77,9%, nona posizione) e dal Regno Unito (76,5%, undicesimo). Tra i grandi Stati membri dell'Ue, la Germania è 23esima col 71,1%, la Spagna 36esima col 69,6%, la Francia 64esima col 64,2%.

mercoledì 20 gennaio 2010

Che cos'è il processo breve?

Composto da tre articoli, il ddl prevede tra l'altro che la prescrizione scatti dopo due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero per i processi in corso in primo grado e per reati "inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione", con una lunga lista di esclusioni. Per quanto riguarda la norma sulla prescrizione, il ddl prevede che l'imputato possa non avvalersi dell'estinzione del processo, presentando una dichiarazione in udienza. Il provvedimento è stato messo a punto dal legale del premier e deputato del Pdl Nicolò Ghedini. ECCO IL TESTO
Nicolò Ghedini

Approvato il processo breve.

"I miei avvocati insistono" nel dirmi di non andare perché "se andassi mi troverei di fronte non delle Corti giudicanti ma dei plotoni di esecuzione". E' questo il duro commento di Silvio Berlusconi a tutte le polemiche scatenate dall'approvazione, da parte del Senato, del ddl sul processo breve.
L'APPROVAZIONE DEL DDL: L'aula del Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge che istituisce il cosiddetto processo breve e porta all'estinzione i procedimenti che non rispettano le scadenze temporali fissate dalle nuove norme. I voti favorevoli sono stati 163, i contrari 130, gli astenuti due. Il provvedimento passa ora all'esame della Camera.
Astenuti Enrico Musso del Pdl e Alberto Maritati del Pd. Dal settore dell'Italia dei Valori si sono alzati dei cartelli con la scritta 'Berlusconi fatti processare', poi rimossi dai commessi di palazzo Madama su richiesta del presidente dell'assemblea, Renato Schifani.
BAGARRE IN AULA: Bagarre in Aula al Senato prima e dopo il voto sul ddl che introduce il processo breve. Dopo le dichiarazioni di voto, il gruppo dell'Idv si è alzato e ha esposto alcuni cartelli contro la norma, con i quali invitavano il presidente del Consiglio a "farsi processare". Immediata la reazione dei commessi, che però hanno avuto le loro difficoltà a togliere i cartelli dalle mani dei senatori, soprattutto da quelle di Stefano Pedica, particolarmente abile nel tenere lontano il foglio con il quale annunciava la "morte della giustizia".
A un certo punto, vista la bagarre, è intervenuto in prima persona anche il senatore del Pdl Domenico Gramazio, il quale ha letteralmente lanciato il fascicolo degli emendamenti alla volta del gruppo Idv, colpendo il collega Alfonso Mascitelli. Stessa scena, ma senza lancio di oggetti, anche dopo il voto favorevole del Senato alla norma.
OPPOSIZIONE: "E' UNO SCEMPIO". Primo via libera al processo breve, nonostante le critiche dell'opposizione: "Sarà uno scempio per la giustizia", e "solo per salvare il premier dai suoi processi", questi gli attacchi dei senatori Pd, Idv e Udc. Accuse respinte dal centrodestra: "Non siamo pecore che seguono il pastore", si difende la maggioranza con il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, rivendicando di aver messo in campo norme che, lungi dal mandare al macero i processi, serviranno invece ad assicurare 'tempi ragionevoli' per ottenere giustizia. Bersani scomoda persino il film campione di incassi diretto da James Cameron e ha detto: "Se si va avanti così, si finisce come Avatar". Fuori dal Senato alcuni manifestanti del popolo viola.

Al via i Buoni Vacanza.

Dopo la social card, arriva la "holiday card". Un'iniziativa del ministro del turismo Brambilla per le vacanze (non in alta stagione) dei meno abbienti. Sconti fino al 45% ma su una spesa predeterminata.
L'idea, lanciata l'anno scorso dal ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, arriva ora alla sua fase operativa. I buoni possono essere prenotati a partire dal 20 gennaio e serviranno per pagare il soggiorno in località di mare, montagna, lago o anche stazioni termali, presso strutture convenzionate, durante tutto l'arco dell'anno tranne l'alta stagione. A questo scopo è stata costituita l'Associazione Buoni Vacanze Italia (Bvi).
Che cosa sono: Si tratta di voucher, cioè veri e propri buoni cartacei stampati su carta filigranata per evitare falsificazioni, di diverso taglio (da 5 a 20 euro), spendibili nelle aziende turistiche o di servizio convenzionate. I buoni coprono solo una parte della spesa, cioè sono uno sconto (dal 20 al 45%) su una somma determinata che va versata in anticipo.
Chi può richiederli: Sono destinati a famiglie con un reddito lordo massimo di 35.000 euro annui. La percentuale di sconto varia in base a scaglioni di reddito.
Per esempio: una famiglia di 3 persone con un reddito di 22mila euro ha una spesa massima agevolata di 1.020 euro per la vacanza, con un contributo statale del 30%. Il che significa che deve versare anticipatamente il 70% cento della somma, cioè 714 euro, e riceverà dei blocchetti di buoni per il valore complessivo di 1.020 euro.
Condizioni: I buoni vacanze sono soggetti ad alcune limitazioni:- possono essere utilizzati solo in Italia e fuori dal comune di residenza;- non possono essere utilizzati in alta stagione, cioè a luglio, agosto e durante le festività natalizie;- hanno una scadenza che è riportata su ogni buono.
Come richiederli: La prenotazione dei buoni va fatta on-line, dal sito BVI (dove è possibile trovare anche l’elenco delle strutture turistiche convenzionate). Vanno indicati i dati anagrafici e il reddito per il calcolo della percentuale di contributo pubblico (si fa riferimento ai redditi 2008, dichiarati nel 2009). Viene poi rilasciato un codice col quale presentarsi entro 10 giorni in un’agenzia della Banca Intesa-Sanpaolo per il pagamento, pena la decadenza della prenotazione. I buoni verranno poi recapitati a domicilio. Per l'assegnazione dei voucher viene seguito l'ordine cronologico della prenotazione fino a esaurimento dei fondi disponibili (5 milioni di euro). Conviene quindi affrettarsi. Se le richieste superano le disponibilità, le prenotazioni verranno inserite automaticamente in una lista d’attesa.

lunedì 18 gennaio 2010

Grande Carlo! Siamo tutti con te.

LA POLITICA CHE NON MI PIACE.

In queste settimane, a Mantova in particolare, è in scena una commedia che io titolo: “La politica che non mi piace”.
Tutti contro tutti, personalismi incomprensibili, sovraesposizione mediatica per dire solo... ci sono.
In particolare sembra appassionare il dibattito tra il PdL, o meglio il sottoscritto e la Lega Nord.
Gli esponenti provinciali di questo partito, in rotta di collisione con il Sindaco di Castiglione delle Stiviere (secondo centro mantovano) hanno chiesto elezioni anticipate nella città aloisiana come condizione indispensabile per sedersi al tavolo delle trattative per la città di Mantova.
Io non so come possa essere intesa la proposta, se non come un ricatto.
Al quale, personalmente, ho dato parere negativo.
Con quale argomento i consiglieri comunali si sarebbero ripresentati alle elezioni? Quali colpe avrebbero potuto imputare al sindaco se tutti i provvedimenti sono stati approvati all’unanimità?
Come avrebbero inteso i cittadini castiglionesi la richiesta dei viadanesi Bottari e Fava di mandare l’amministrazione a carte quarantotto?
Insulti personali, anche in pubblica piazza sono, poi, stati, il corollario di un’azione che doveva trovare altre strade, altri metodi e modi.
Si vuole spettacolarizzare tutto, nella convinzione che il consenso che ne può derivare sia moltiplicato.
E parallelamente, quali sono le idee per Mantova? A qualcuno interessano?
Temo di no.

Allora nel ribadire che la Lega Nord è il naturale alleato del PdL anche a Mantova, provincia nella quale in tanti comuni va in onda positivamente l’alleanza, con convinzione e con l’appoggio di tanta parte della classe dirigente e della militanza di partito, dico che non esiste a nessuna latitudine della politica italiana che nelle trattative per costruire il governo di una città, si chieda in cambio la caduta di un’altro in altra città.
Abbiamo dato la disponibilità più ampia di discutere in modo franco e approfondito la situazione amministrativa a Castiglione, fino ad impegnarci per una verifica seria, ed ad apporre eventuali rimedi nel caso che qualcosa non avesse funzionato a dovere.
La risposta è stata negativa.

Tutto questo mi spiace. Molto.
Ma credo che sarebbe stato un grave errore politico assecondare una proposta del genere.
Il rispetto per gli elettori, per i cittadini deve essere massimo. Barattare tra loro destini di città così importanti avrebbe significato ignorare completamente la sovranità del mandato elettorale affidato ai consiglieri comunali. Avrebbe avviato un precedente pericolosissimo.
E se, poi, da un singolo caso fossimo arrivati ad un metodo generalizzato?
Per parlare di un comune bisogna abbatterne un’altro altrimenti non se ne fa nulla!
Abbiamo fatto anni a lamentarci che le decisioni importanti a volte ci vengono calate dall’altro, senza discussioni e confronto, e poi alla prima occasione si vorrebbe che ci comportassimo nello stesso modo, o anche peggio.

No. E’ una cosa che non mi interessa.
Rilanciamo un nuovo modo di fare politica. Un modo che metta al centro il cittadino ed i suoi bisogni, che usi i metodi di quella “maggioranza silenziosa”, che rappresenta la gran parte del nostro elettorato, concreta, del “fare” ed abbandoniamo la strada che scimmiotta il peggio del vecchio.
Il PdL è nato per questo.
Noi non possiamo tradire.

Carlo


dr. Carlo Maccari
Consigliere Regionale Segretario dell'Ufficio di Presidenza
Gruppo PdL
VIII Legislatura
http://www.carlomaccari.it/

venerdì 15 gennaio 2010

Che palle queste continue mediazioni!

Un messaggio positivo e un sassolino nella scarpa. La coalizione va bene e siamo forti. Questo il messaggio che Silvio Berlusconi ha voluto ribadire nei diversi colloqui avuti stamattina a palazzo Grazioli durante i quali, però, è voluto tornare a parlare dell’incontro di ieri con il presidente della Camera Gianfranco Fini lamentando i troppi paletti tra i quali è costretto a lavorare. Ma quest'ultimo, in occasione della presentazione del suo libro Il futuro della libertà, ha ribadito: "Le differenze sono il sale del confronto e della dialettica".
Pur confermando l’impegno per una maggiore concertazione, nel suo ragionamento il Cavaliere avrebbe infatti messo in evidenza quanto sia difficile dover sempre fare una continua mediazione con il co-fondatore del partito. "Io - avrebbe detto - da imprenditore sono abituato a decidere da solo, che noia queste mediazioni". Un modo di operare,sarebbe stato il suo ragionamento, che rallenta il lavoro del governo. Ma la coalizione resta comunque forte.
Parlando delle regionali, infine, il Cavaliere sarebbe tornato sul "caso" Udc. Il presidente del Consiglio avrebbe nuovamente espresso il suo malumore per la cosiddetta politica dei due forni messa in campo dai centristi. Un modo di fare ambiguo, sarebbe la convinzione del premier, che potrebbe incidere negativamente sull’elettorato del centrodestra. "Noi abbiamo una tabella di marcia precisa - avrebbe ricordato ai presenti - che prevede la presentazione di un programma e di un candidato. Fare alleanze diverse - è la sua preoccupazione - rischia di essere visto dalla nostra gente come un passo indietro".

giovedì 14 gennaio 2010

Silvio e Fini finalmente a pranzo insieme!

E' arrivato il momento della vertà. E' durato circa due ore il pranzo a Montecitorio fra il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il premier Silvio Berlusconi. All’incontro era presente anche il coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa,che lasciando l'incontro ha assicurato: "D'ora in poi ci sarà una maggiore concertazione". Bocciata la posizione dell'Udc alle Regionali: "E' inaccettabile".
L’atteso faccia a faccia è arrivato dopo mesi di frizioni fra i due leader e servirà ad affrontare i nodi politici nel partito e nella maggioranza, anche in vista delle prossime elezioni regionali. Una ricognizione a 360 gradi su giustizia, equilibri nel Pdl, agenda di governo, regionali, innesti al governo di nuovi sottosegretari (si è parlato di Daniela Santanchè e dell’ex aennino Andrea Augello) alleanze con l’Udc e molto altro ancora. "Ci sarà un maggior coinvolgimento, compatibilmente con il suo ruolo, per il presidente Fini nella struttura rappresentativa del partito", ha spiegato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al termine del pranzo. Questo si tradurrà, ha aggiunto il coordinatore del Pdl, anche in più "incontri tra i due co-fondatori del Pdl", ma soprattutto "un impegno per una maggiore concertazione". Tra i temi dell’incontro anche la linea dell’Udc alle regionali: "Fini e Berlusconi sono concordi nel contestare la linea dell’Udc, la politica del doppio forno per noi è inaccettabile".

martedì 12 gennaio 2010

Leggi ad libertatem non ad personam.

Dopo quasi un mese di convalescenza, in seguito all'aggressione subita a Milano il 13 dicembre, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna al lavoro. Appena giunto a Palazzo Grazioli, il premier ha confermato: "Spero di fare la riforma sul fisco entro quest'anno". Sulla giustizia, il premier ha respinto seccamente l'invito di Pier Luigi Bersani a sgombrare il campo da leggi ad personam. "Sono leggi ad libertatem - ha detto - e mi indigno soltanto a sentire queste cose. E non voglio indignarmi". Ai giornalisti che chiedevano se l'immunità potesse essere una strada percorribile, Berlusconi ha risposto: "Non lo so".
Con Fini? "Non ci sono problemi, collaborazione leale". Vertice a Palazzo Grazioli con stato maggiore Pdl e ministro Alfano. Nel pomeriggio l'incontro con Napolitano.

lunedì 11 gennaio 2010

Ben tornato Silvio! Ci mancavano le tue battute.

Ad attenderlo a palazzo Grazioli ci sono decine di fotografi e telecamere. Il premier non resiste alla voglia di scendere dall'auto e mostrarsi in pubblico dopo le settimane di convalescenza dovute all'aggressione subita a Milano e mostra il viso: "Avete visto, ho un segnetto appena qui - ha detto indicandosi lo zigomo sinistro - e uno qua", ha aggiunto indicando il labbro superiore. "Però ho fatto dei muscoli fortissimi...", dice ridendo e mostrando i bicipiti. Insomma, "ho pochissimi segni" e l'unico rimpianto è per i denti: "Peccato per il dente, dovrò fare un impianto". Qualcuno ha chiesto al premier se la statuetta del Duomo che gli è stata tirata fosse tanto dura, e Berlusconi ne approfitta per una battuta: "Hanno perso di valore...te le tirano dietro...". Anche in questa occasione il premier ha indossato il giaccone della Federazione russa: "Questo me l'ha regalato Putin", ha raccontato ai giovani del Pdl mostrando il simbolo e la bandiera della Federazione russa cuciti sul petto e sulla manica.

domenica 10 gennaio 2010

Torno al lavoro per realizzare le riforme che interessano il Paese.

"Sogno una vera riforma tributaria. Come quella che avevamo immaginato nel ’94. Con due sole aliquote. E adesso stiamo studiando tutte le possibilita’ per realizzarla". Lo ha affermato il presidente Berlusconi in un colloquio con ’Repubblica’ durante il quale ha annunciato che dal 12 gennaio sara’ a Palazzo Chigi per "riannodare tutti i fili" politici."Credo che si debba in primo luogo riprendere il lavoro ordinario del governo. Da lunedi’ saro’ a Palazzo Chigi e riannodero’ tutti i fili. Ho intenzione in primo luogo di incontrare il presidente della Repubblica. Parlero’ con tutti i ministri e mi confrontero’ con i gruppi parlamentari e gli organismi dirigenti della maggioranza.""Ci sono delle emergenze. Come la riforma tributaria, la riforma della giustizia e la riforma istituzionale. Con Tremonti stiamo studiando una riforma tributaria. Un progetto che avevamo indicato gia’ nel 1994. Noi vogliamo un sistema che dia ordine, che sia meno confuso. Che non obblighi i contribuenti a rivolgersi al commercialista per pagare le tasse. Serve una semplificazione complessiva. Stiamo studiando tutte le possibilita’ per arrivare alla fine a questo sistema. Sarebbe piu’ razionale. Di certo, non abbiamo alcuna intenzione di aumentare le tasse. Ecco, questa e’ l’unica cosa impossibile".
"Al Paese interessano le riforme. Noi stiamo uscendo da una crisi economica che ci e’ venuta addosso. Una crisi davvero straordinaria che non ha colpito solo noi. Un crollo da cui ci stiamo risollevando, anche prima degli altri. E dobbiamo fare in modo che tutti escano da questa situazione. Il 2010 e’ l’anno in cui possiamo uscire definitivamente dalla crisi. Dobbiamo procedere con attenzione. Sappiamo che ripartiamo ogni anno con 8 miliardi di interessi passivi. Una cifra impressionante. Noi, pero’, sappiamo che a questo punto non torneremo indietro. Ma forse le ho detto pure troppo".

martedì 5 gennaio 2010

"Alternativi alla sinistra": patto tradito da Casini.

Il leader dell'Udc ha tradito l'atto fondativo del suo partito, che prevedeva la collocazione nel centrodestra. E adesso gioca su più tavoli per le regionali : troppa ambiguità. Casini, il damerino dei valzer politici che fa solo giravolte.

di Paola Setti
E fu così che le parole d’ordine divennero le ultime parole famose. «Alternativo alla sinistra» e «saldamente collocato all’interno della Casa delle libertà e del Ppe», diceva il documento fondativo dell’Udc per definire e insieme dare la linea al nuovo partito.
Era il 2 febbraio del 2002. Il Ccd di Pier Ferdinando Casini, il Cdu di Rocco Buttiglione e la Democrazia europea dell’ex sindacalista Sergio D’Antoni decisero di unire le forze e approvarono il Manifesto di un ambizioso progetto politico. L’Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro avrebbe visto ufficialmente la luce con il congresso del successivo 6 dicembre, che ne avrebbe assegnato la guida a Marco Follini. Vista la sorte del primo segretario, che dopo aver fatto cadere il governo Berlusconi salutò i vecchi amici per abbracciare i compagni del Pd, magari si poteva pure intuire come sarebbe andata a finire. Allora però chi se lo sarebbe immaginato, che il partito che sognava di diventare «il Ppe italiano» sarebbe finito così, a elemosinare assessorati più a manca che a destra. Riletto oggi, l’atto costitutivo, pubblicato con autorevolezza dal gruppo al Senato, mica dalle edizioni Paoline, farebbe ridere se la situazione non fosse grave e pure piuttosto seria. Con Casini che alle Politiche corre da solo e alle Regionali si allea con il centrosinistra senza che il partito sia mai stato chiamato a votare la svolta, o almeno a correggere l’originario documento programmatico.
Punto uno di 69: «Il 2 febbraio i Consigli nazionali del Ccd-Cdu e De hanno approvato il Manifesto del nuovo soggetto politico, l’Unione dei Democraticicristiani e democratici di centro, alternativo alla sinistra e saldamente collocato all’interno della Casa delle libertà e del Ppe».
Basterebbe questo, ma non basta. Perché il concetto viene ripreso e ampliato in svariati passaggi, roba da tormentone. Così, per dire, al punto 6 il centro «sa di essere alternativo alla sinistra» e sì certo, anche «non subordinato alla destra», ma intanto «afferma la propria identità democratico cristiana e liberal-democratica», alzi la mano chi si è mai sentito così nel Pd e nel mare magnum della Sinistra. Al punto 11 i padri dell’Udc prendono atto che «nella Casa delle libertà esistono valori e battaglie che giustificano una nostra specifica identità politica», e l’elenco è esilarante, là dove oggi Casini accusa il premier e fondatore della Cdl, Silvio Berlusconi, di non rispettare le istituzioni, ma allora il suo partito nasceva lodandone «la moderazione e il senso delle istituzioni», passando per «il solidarismo e l’europeismo».
Ce ne sarebbe abbastanza per fare la rivoluzione, ma non si può, perché l’Udc non fa congressi da un numero di anni sufficiente a non trovare spazi di confronto, roba da rimpiangere le lunghe notti di caffè e sigarette e sudore e strepiti della vecchia Dc. L’unica è andarsene, e infatti in molti hanno già fatto i bagagli. Fra i primi, proprio l’autore dell’atto costitutivo del partito, «e di tutti i testi programmatici» segnala Pierluigi Pollini: il professore che per trent’anni è stato l’«ideologo» di Buttiglione e che oggi è dirigente dei Popolari-Liberali di Carlo Giovanardi. «Viste le premesse, è un po’ come se oggi Berlusconi si alleasse con il Pd - lamenta -. Avrebbe avuto un senso, forse, la proposta di Buttiglione di correre da soli dappertutto, per portare alle estreme conseguenze l’idea di destrutturare il bipolarismo. Ma alleandosi con la sinistra Casini tradisce l’Udc, fra l’altro con metodo monarchico e padronale, visto che la svolta non è stata votata in un congresso».
Quel documento di otto anni fa, adesso fa da prefazione al libro che Pollini ha scritto con Giovanardi, «I Popolari-Liberali nel Pdl. Le ragioni di una scelta fatta in tempi non sospetti». L’attuale sottosegretario alla presidenza, quando lasciò l’Udc si beccò l’accusa di «tradire per la poltrona». Lui. Adesso si toglie almeno un sassolino dalla scarpa: «Mentre il Pdl, accusato di antidemocraticità interna, diventa sempre più democratico con il tesseramento e i congressi, l’Udc fa il percorso inverso, e straccia ogni regola democratica interna».

venerdì 1 gennaio 2010

Prima uscita di Berlusconi: visita in un ipermercato.

Prima uscita pubblica per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo l'aggressione del 13 dicembre in piazza Duomo a Milano. Il premier, infatti, nel pomeriggio si è concesso un giro fra i negozi nel centro commerciale IlGigante di Villasanta, in Brianza. "E' arrivato verso le 16 e si è fermato quasi due ore", racconta Salvatore Esposito, dell'ufficio sicurezza del centro commerciale, che ha notato una medicazione sulla guancia e un cerotto sul labbro del presidente del Consiglio, postumi dell'aggressione subita due settimane fa. Berlusconi ha stretto la mano al direttore del centro commerciale, ha passato in rassegna la barriera di casse dell'ipermercato per fare gli auguri di buon anno agli impiegati, ha preso un caffé al bar e ha fatto acquisti, in particolare in un negozio di borse e valigie. "Era sempre circondato dalla scorta e da una folla di gente, che lo ha applaudito e gli ha scattato fotografie", spiega ancora Esposito, ricordando che in passato Berlusconi ha già fatto visita diverse volte al centro commerciale di Villasanta, che dista pochi minuti in auto dalla villa di Arcore, residenza del premier.