mercoledì 27 gennaio 2010

Scandalo acqua, Casini c'entra sempre!

Le società di sinistra che gestiscono il sistema idrico dovevano 1,2 miliardi all’Ue. Ma grazie al centrodestra la sanzione ora è stata ridotta a 400 milioni. Nel triennio ’96-’99 Prodi e D’Alema le agevolarono per quotarsi in Borsa.

Le municipalizzate rosse fanno shopping, il governo Berlusconi riduce i loro debiti. Attraverso gli accordi trentennali con gli Ato (praticamente irrisolvibili, pena danarose penali a carico del contribuente) e grazie anche a una transumanza di ex manager pubblici vicini al centrosinistra ai vertici delle 91 Autorità di ambito territoriale, negli ultimi 15 anni queste società non hanno investito a sufficienza nella ristrutturazione della rete degli acquedotti (come dimostrano le ricerche di Kpmg e Althesys pubblicate ieri sul Giornale), ma hanno preferito andare a caccia di azioni. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il sistema fa acqua e manca un’Autorità di controllo che sorvegli e sanzioni le irregolarità. Il dl Ronchi, la riforma di riassetto del sistema dei servizi pubblici che entrerà a regime nel 2012 la prevede, anche se non è chiaro se si tratterà di un Garante vero e proprio, di una sezione specifica in capo all’Authority per l’Energia o di un rafforzamento del Co.vi.ri (il comitato per la vigilanza dell’uso delle risorse idriche). Anziché liberalizzare il sistema e sottrarre un bene così prezioso dal giogo della politica, separando la proprietà delle reti dalla gestione del servizio idrico, si è preferito percorrere una strada che ha dato solo problemi e creato debiti.

Un peccato «politico» per chi, come il sindaco di Roma Gianni Alemanno, aveva la possibilità di modificare la governance dell’ex municipalizzata romana Acea, fino a ieri poltronificio delle giunte rosse Rutelli e Veltroni e di Francesco Gaetano Caltagirone, editore del Messaggero e suocero del leader Udc Pier Ferdinando Casini. Il caso Acea è emblematico: controllata al 51% dal Comune di Roma, tra gli azionisti di minoranza «pesante» ci sono la francese Gdf-Suez (9,9%), partner nelle joint venture elettriche in AceaElectrabel, che vorrebbe comprare più azioni e lo stesso costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone (azionista con circa il 7,9 per cento delle quote) assieme al fondo britannico Pictet (2,2%). La cessione delle quote in mano al Campidoglio (agli attuali prezzi di mercato, visto che negli ultimi 20 mesi ha dimezzato il suo valore passando dai 13,5 euro di maggio 2008 agli attuali 7 e rotti) vale tra i 300 e i 400 milioni di euro. Una mossa annunciata dallo stesso Alemanno al Sole24Ore qualche giorno fa, che non è passata inosservata. Le azioni Acea infatti fanno gola agli azionisti di minoranza come Gdf e Caltagirone, che ha la prelazione sull’acquisto, ma anche ad altri soggetti come Iride e la milanese A2A.

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