giovedì 15 dicembre 2011

Arriva la tassa sul prelievo di contante in banca.




Pochi, maledetti ed elettronici. I soldi, uno dei punti cardine della manovra salva-Italia. La questione fondamentale è: contante sì o no? O meglio, quanto? Stiamo parlando della soglia massima di utilizzo delle banconote per consentire la tracciabilità dei pagamenti. La manovra per ora fissa questo limite a 1.000 euro ma c'è chi ipotizza e auspica che il tetto massimo per pagare in contanti possa scendere a 500 euro. Tra i primi a battere questa strada c'è la Banca d'Italia che vuole ritirare dal mercato la banconota da 500 euro. Una precondizione necessaria per abbassare la soglia a questo livello. Per chi preleva il contante allo sportello fisico di una banca, anziché dal bancomat, deve cambiare abitudini. A meno che preferisca pagare la cosiddetta tassa sul contante. Infatti molti istituti prevedono l’applicazione di un’imposta sui prelievi allo sportello. Per esempio ai correntisti della Bnl sono appena arrivate le lettere con cui si comunica che, a partire dal 18 aprile, per ogni prelievo di liquidi in agenzia, inferiore ai 2mila euro, dovranno versare 3 euro.



Pratica che si sta diffondendo su altre banche come Mps, Unicredit, Popolare di Milano, Ubi e Cariparma. In media i costi per un prelievo di denaro allo sportello variano da uno a 3 euro.


L’imposizione delle commissione colpirà soprattutto quelle fasce della popolazione poco abituate a usare gli strumenti elettronici, come gli anziani, alle prese peraltro con le nuove regole sulle pensioni. L’operazione è giudicata in linea con le indicazioni dell’Abi e dalla Banca d’Italia, che puntano a ridurre l’uso del contante, rendendolo più caro.

martedì 6 dicembre 2011

Manovra Monti: stangata sulle pensioni.

Da gennaio 2012 tutti i lavoratori avranno il contributivo. Verso la fine anche dell’anzianità.


Con la manovra Monti scompare definitivamente il sistema retributivo. L'estensione a tutti del sistema di calcolo contributivo rappresenta una novità importante e un passo decisivo verso l'armonizzazione delle regole. In pratica gli assegni dipenderanno dal livello dei versamenti accantonati e non dal livello delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro.



La pensione di anzianità a qualsiasi età si raggiungerà a 42 anni di contributi per gli uomini e 41 per le donne. La convergenza tra uomini e donne per l'età di vecchiaia a 66 anni (che per gli uomini è prevista fin dal 2012) sarà raggiunta nel 2018.



L'adeguamento delle pensioni in essere all'inflazione sarà congelato per il 2012 ma saranno salve le pensioni al minimo. In particolare a rivalutazione piena rispetto all'inflazione nel 2012 sarà prevista solo per le pensioni fino a 486 euro. Ci sarà una rivalutazione parziale per quelle tra 486 euro e 936 euro al mese mentre per gli assegni superiori ci sarà il totale congelamento rispetto all'inflazione.



In sintesi ecco cosa cambia:


Lavoratore dipendente con 35 anni di contributi e 61 anni di età nel 2012, ha iniziato a lavorare a 26 anni (chi matura i requisiti nel 2011 può andare in pensione con le vecchie regole ma con pensione decurtata del 3% per ogni anno di anticipo rispetto a 63 anni).


Vecchie regole: anzianità con soglia minima nel 2012 a 60 anni e quota 96 (età anagrafica e contributiva). Con le finestre aspettava 1 anno e andava in pensione di anzianità con 36 anni di contributi e 62 anni di età.
Nuove regole: soglia di anzianità a 42 anni e un mese per gli uomini e a 41 per le donne (oppure in alternativa pensione di vecchiaia). Aspetta altri 4 anni e 7 mesi se uomo, altri 3 anni e 6 mesi se donna e va in pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi se uomo, a 65 anni e 6 mesi se donna.



Lavoratore dipendente con 36 anni di contributi e 60 anni di età nel 2012, ha iniziato a lavorare a 24 anni (chi matura i requisiti nel 2011 può andare in pensione con le vecchie regole ma con pensione decurtata del 3% per ogni anno di anticipo rispetto a 63 anni).


Vecchie regole: anzianità con soglia minima nel 2012 a 60 anni e quota 96 (età anagrafica e contributiva): aspettava 1 anno con le finestre e andava in pensione di anzianità con 37 anni di contributi e 61 anni di età.
Nuove regole: soglia di anzianità a 42 anni e un mese per gli uomini e a 41 per le donne (oppure in alternativa pensione di vecchiaia). Aspetta altri 5 anni e 7 mesi se uomo, altri 4 anni e 6 mesi se donna e va in pensione di vecchiaia. Oppure aspetta 6 anni, se uomo, 5 se donna e vai in pensione di vecchiaia. Oppure aspetta un altro anno se è donna e va in pensione decurtata.



Lavoratore dipendente con 40 anni di contributi nel 2012, ha iniziata a lavorare a 18 anni ((chi matura i requisiti nel 2011 può andare in pensione con le vecchie regole ma con pensione decurtata del 3% per ogni anno di anticipo rispetto a 63 anni).


Vecchie regole: anzianità con soglia minima nel 2012 a 60 anni e quota 96 (età anagrafica e contributiva). Aspetta 1 anno – grazie alla finestra – e andava in pensione di anzianità con 41 anni di contributi e 59 anni di età.


Nuove regole: soglia di anzianità a 42 anni e un mese per gli uomini e a 41 per le donne (oppure in alternativa pensione di vecchiaia). Aspetta 1 altro anno se uomo e va in pensione di anzianità con 42 anni di contributi e 60 anni di età. Oppure aspetta solo 1 anno (come prima) se donna e va in pensione di anzianità con 41 anni di contributi (e 59 anni di età).


lunedì 5 dicembre 2011

MONTI: RIVALUTAZIONE DELLE RENDITE

Applicando le nuove aliquote Imu alle rendite cosi rivalutate, l'imposta schizza in alto. Secondo una stima fatta dal Corriere della Sera "chi possiede una ampio trilocale in una zona semicentrale di Milano e vi risiede potrebbe trovarsi a pagare l'anno prossimo da un minimo di 213 a un massimo di 1.038 euro. Se in quella stessa abitazione non risiede, non pagherà più 645 euro come quest'anno, ma dovrà preparasi a fare fronte a un minimo di 949 euro, sborsando 304 euro in più rispetto al 2011, a un massimo di 2.188, con un aggravio di 1.543 euro".



L'unico vantaggio è che la rendita rivalutata serve per il calcolo dell'Imu ma non incide sull'Irpef che si paga per le seconde case (come sarebbe invece se venissero ricalcolati gli estimi). Come ha detto il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, è come se si fossero rivalutati gli estimi di un buon 60%. In realtà una vera rivalutazione degli estimi catastali sarebbe una manovra più equa ma più lunga e difficile da applicare nel breve tempo. E l'urgenza purtroppo è la cifra di questa manovra. La tariffa d'estimo è una valutazione più precisa dell'immobile relativo al comune e alla zona specifica, nonché alla tipologia dello stesso. Gli estimi sono fermi a decenni fa, quando l'impianto delle grandi città (soprattutto) e i conseguenti valori di mercato erano ben diversi. Si pensi, ad esempio, alle ex periferie ora diventate zone semi-centrali grazie all'espansione delle metropoli e allo sviluppo dei collegamenti (metrò, treni urbani ecc.). O a quelli che una volta erano quartieri popolari e ora sono diventate zone alla moda le cui quotazioni sono aumentate a dismisura.



La rivalutazione delle rendite previste nella manovra avvicina i valori fiscali delle case a quelli di mercato che secondo l'Agenzia del territorio sono in media 3,5 volte più alti con punte di 7-10 volte nelle grandi città. Ma è un aumento secco e generalizzato che non risolve le disparità di valore tra un immobile e l'altro.