domenica 14 novembre 2010

La sferzata di Marina a Bocchino.

La frecciata è di quelle velenose. E per essere sicuro che le tossine facessero effetto, l’onore­vole Italo Bocchino l’ha ripetuta due volte davanti alle telecamere di Annozero . Si parlava delle dimissioni dei finiani al governo che arriveranno domani, per «ga­lateo istituzionale»: così si è capito quanto Futuro e libertà tenga alle buone maniere, come siano beneducati i suoi mi­nistri che, prima di pugna­­larlo, aspettano che il pre­mier rientri dall’Estremo Oriente e trascorra (augu­rio bocchiniano) «una do­menica in famiglia ad Arco­re e una serata con Lele Mo­ra ». Michele Santoro non credeva alle sue orecchie: «Battute così non ce le sia­mo mai consentite nemme­no Travaglio e io». Ma il veleno vero stava nella coda. Il braccio armato di Fi­ni ha spiegato che si dimettevano per­ché «Berlusconi ha detto: Palazzo Chigi è mio, l’ho costruito io, lo devo lasciare a Piersilvio e Mari­na ». Replicato due volte a distanza di pochi minuti per cer­tificare l’effetto. Nessuno nello stu­dio di Annozero ha raccolto l’accosta­mento del Cavaliere ai monarchi che ce­dono il trono in li­nea di sangue. È sta­ta invece la stessa Marina Berlusconi a reagire. L’ha fatto ieri in un breve dia­logo con l’agenzia Ansa. «Si è trattato di una battuta di pes­simo gusto, come del resto quasi tutto quello che dice l’onorevole Bocchi­no - ha ribattuto il presidente di Finin­vest e Mondadori, oltre che consiglie­re di Mediobanca - ; comun­que, battuta per battuta, ri­spondo che mio padre di ca­se ne ha già abbastanza, e che oltre tutto se le è pagate con il frutto del suo lavoro e con i suoi soldi, e non con quelli dei propri elettori e del partito». Ogni riferimen­to a Montecarlo è puramen­te voluto. Replica sferzante, che stronca la strampalata ipo­tesi di una successione per via ereditaria alla guida del Pdl.
Ma­rina è sempre stata accanto al padre, in famiglia e in azienda. Ne ha seguito le or­me nella carriera professio­nale, come manager del gruppo e in Mondadori. E negli ultimi mesi, con il sus­seguirsi degli scandali a sfondo sessuale e dopo la rottura del rapporto con Ve­ronica Lario, la primogeni­ta di Silvio Berlusconi si è messa alla testa dei quattro fratelli in sua difesa.
Continua dicendo: «C’è un’aria irrespirabile, l’op­posizione si fa con dossier e pettegolezzi. Un pezzo di Italia, piccolo ma pericolo­so, non riesce ad accettare il fatto che la maggioranza degli italiani vuol essere go­vernata da Silvio Berlusco­ni». Convinzione ribadita lo scorso settembre, dopo lo strappo di Gianfranco Fini e la disputa sollevata da al­cuni autori Mondadori: «Fi­ni ha accusato mio padre di stalinismo, ma in quanto ad assolutismo è lui a poter vantare innegabili frequen­tazioni. Siamo a Segrate da vent’anni, paghiamo 2,2 mi­lioni di euro di imposte al giorno: se la casa editrice è così, non lo è “nonostante” la famiglia Berlusconi, ma anche grazie al nostro esse­re liberali. Basta con l’eroi­smo a tassametro». In quel­l’occasione Marina rilan­ciò la polemica contro De Benedetti, imprenditore che «predica bene ma razzola male, malissimo», edi­tore di «un quotidiano che in fatto di editoria plurali­sta e liberale ha ben poco da insegnare». Un argine a tutto campo, una difesa de­cisa e convinta, tutt’altro che d’ufficio. L’allusione di ieri a Montecarlo segna una nuova tappa. «Mio padre si è sempre compor­tato allo stesso modo: reagi­re, andare oltre, costruire e guardare avanti».

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