giovedì 13 marzo 2008

Elezioni Politiche 2008 - prima parte -

Elezioni politiche del 2008
FAQ sulla legge elettorale italiana vigente

Nelle ultime settimane, mentre cresce l’attesa per le elezioni politiche italiane del 13-14 aprile 2008, ho ricevuto numerose osservazioni relative a tale elezioni che mi dimostrano che chi le formula non conosce il sistema elettorale vigente – in effetti abbastanza complicato – e desidererebbe capire meglio come funziona. Anziché limitarmi ad allegare la legge elettorale, ho trascritto risposte per quanto possibili semplici alle domande più frequenti.
Ne pubblicherò 3 al giorno per 7 giorni, sperando che possano essere d'aiuto a chi non riesce a districarsi da questo tomultuoso momento politico di allenaze, coalizioni, fusioni e separazioni.

1) Chi “vince” le elezioni politiche del 13-14 aprile 2008?
Interpretando correttamente la legge elettorale vigente (legge 21 dicembre 2005, n. 270) si deve dire che “vince” le elezioni la coalizione che “arriva prima”, ottenendo anche solo un voto in più della prima coalizione concorrente (quella che “arriva seconda”), alla Camera. In effetti chi “arriva primo” si assicura il controllo della Camera, con un vantaggio di almeno cinquanta seggi, così che la situazione non può essere rovesciata dal “tradimento” di singoli deputati o piccoli gruppi. Giustamente, quindi, chi vince alla Camera “dà le carte” e ha il compito e la responsabilità di formare un governo, ancorché – ove non abbia la maggioranza al Senato – debba venire a patti con forze di minoranza. Chi invece vincesse al Senato e non alla Camera non avrebbe davvero “vinto” le elezioni, perché al Senato come vedremo non c’è premio di maggioranza nazionale e alla Camera sì. Cioè: chi controlla la Camera la controlla con un ampio vantaggio, chi controlla il Senato – a meno di trionfi con maggioranze di voti schiaccianti – lo controlla normalmente con un vantaggio ridotto. Alla Camera i rischi di “ribaltoni” in caso di “tradimento” di singoli deputati o gruppi sono minimi, al Senato sono massimi.

2) Si parla di un possibile “pareggio”: che significa?
Alla Camera la legge elettorale rende impossibile qualunque pareggio. Chi parla di “pareggio” lo fa con riferimento a due ipotesi che sono in realtà diverse.
Prima ipotesi (possibile): una delle due coalizioni maggiori (quella che ha come candidato premier l’onorevole Silvio Berlusconi oppure quella che ha come candidato premier l’onorevole Walter Veltroni) si assicura il controllo della Camera, mentre nessuna delle due coalizioni si assicura il controllo del Senato. In questa ipotesi, una delle coalizioni maggiori al Senato si avvicina alla metà più uno dei seggi ma non la raggiunge. Deve quindi 1. cercare degli alleati in singoli senatori o gruppi (e ci sono diversi candidati possibili: singoli senatori “ribaltonisti” dell’altra coalizione maggiore – la Costituzione italiana vieta il cosiddetto “mandato imperativo” e ogni deputato o senatore ha sempre il diritto di “cambiare idea” –; senatori di liste minori che nonostante l’alta soglia di sbarramento fossero riuscite a essere rappresentate in Senato; senatori eletti fra gli italiani all’estero, per cui vige un sistema speciale di elezione; senatori a vita); 2. chiedere al Presidente della Repubblica (che ha questa prerogativa) di sciogliere solo il Senato e di indire nuove elezioni solo per il Senato, lasciando la Camera com’è; 3. chiedere al Presidente della Repubblica (o subire la sua decisione) di indire nuove elezioni sia per il Senato sia per la Camera; o 4. coalizzarsi con l’altra coalizione maggiore in un “governo di larghe intese” (cosiddetta “Grande Coalizione”).
Seconda ipotesi (diversa, e di fatto improbabile): delle due coalizioni maggiori una si assicura il controllo della Camera e l’altra il chiaro controllo del Senato (così che un piccolo numero di singoli senatori “ribaltonisti” che “tradissero” non sarebbero sufficienti a mutare la situazione). In questo caso la coalizione che controlla la Camera avrebbe tre possibilità: 1. chiedere al Presidente della Repubblica (che ha questa prerogativa) di sciogliere solo il Senato e di indire nuove elezioni solo per il Senato, lasciando la Camera com’è; 2. chiedere al Presidente della Repubblica (o subire la sua decisione) di indire nuove elezioni sia per il Senato sia per la Camera; o 3. coalizzarsi con l’altra coalizione maggiore in un “governo di larghe intese” (cosiddetta “Grande Coalizione”).

3) Chi “vince” alla Camera?
Il sistema è molto semplice. La Camera è composta di 630 seggi. 12 sono assegnati agli italiani all’estero, e uno alla Valle d’Aosta. Per gli italiani all’estero e la Valle d’Aosta vigono sistemi elettorali diversi, che mi astengo dal descrivere perché alla Camera queste circoscrizioni non possono comunque essere decisive. Esclusi gli italiani all’estero e la Valle d’Aosta rimangono 617 seggi. La legge elettorale vigente ne assegna 340 (il 55%, una maggioranza che nelle intenzioni del legislatore – e con ogni verosimiglianza anche nei fatti – non è rovesciabile dal “tradimento” di singoli e di gruppetti) alla coalizione che, sulla base di un calcolo globale su tutte le Regioni italiane esclusa la Valle d’Aosta, ha prevalso (anche per un solo voto) sulla coalizione che è arrivata seconda. È sufficiente che la coalizione che è “arrivata prima” abbia conseguito almeno il dieci per cento dei voti nazionali (sempre Valle d’Aosta esclusa: se nessuna coalizione raggiungesse il dieci per cento scatterebbe un sistema diverso, ma mi astengo dal commentare anche questa ipotesi dal momento che è meramente teorica e del tutto inverosimile).

Fine prima parte.

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