giovedì 17 dicembre 2009

Il premier offre un patto democratico a Pd e Udc

Il Cavaliere a Bersani e Casini: "Intesa democratica contro l'odio. Sì alle riforme costituzionali". Ai suoi dice: dal leader Pd segnali di buona volontà. L’ex An? Punta a un gruppo autonomo.
di Adalberto Signore

- «Va bene, proviamoci...». Niente conferenza stampa di fine anno, niente sera di Natale tra i terremotati a L’Aquila e, soprattutto, niente apparizioni pubbliche per almeno 15 giorni. Quello che aspetta Silvio Berlusconi dopo che oggi lascerà il San Raffaele di Milano sarà un vero e proprio isolamento «mediatico» in quel di Arcore. Al punto che scorta e servizi di sicurezza stanno anche studiando l’eventualità di una sorta di «zona cuscinetto» nei pressi di Villa San Martino per evitare che telecamere e cronisti passino le feste di Natale appostati davanti al cancello. Un silenzio, quello del premier, che sarà come al solito interpretato in questa o quella direzione.
E che servirà a Berlusconi per ragionare a bocce ferme sulla situazione e valutare con calma eventuali cambi di strategia. Tra cui si fa strada l’idea di «una stagione nuova» che dia vita non solo a «un clima diverso» ma anche a «un percorso riformatore». Parole che seppure in privato il Cavaliere arriva a pronunciare davanti all’insistenza delle cosidette «colombe», da Gianni Letta a Fedele Confalonieri fino a Paolo Bonaiuti. E non è un caso che sin dalla mattina sia proprio il portavoce del premier a insistere sui «segnali di buona volontà» registrati nel faccia a faccia tra Berlusconi e Pierluigi Bersani.
Ed è in questo quadro che l’ufficio di presidenza del Pdl riunito a via dell’Umiltà mette nero su bianco l’idea di «un patto democratico tra le maggiori forze politiche che segni chiaramente i confini della normale dialettica». Una proposta che ha come interlocutori Pd e Udc, visto che il documento sottolinea «i segnali di apertura dell’opposizione a partire dalle dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini e Pierluigi Bersani». Il Pdl, dunque, dà la sua disponibilità ad abbassare i toni nel tentativo di aprire una stagione nuova. Seppure sottolineando con forza che in questi mesi Berlusconi è stato «vittima di un’aggressione frutto di una campagna di odio senza precedenti».
Il senso del ragionamento è chiaro e riflette in buona parte quelle che restano le perplessità di Berlusconi. L’appello al Pd, infatti, non può non implicare che Bersani rinneghi la linea di Antonio Di Pietro prendendo le distanze dall’Idv. Un’ipotesi che il Cavaliere continua a considerare «lontana». Ed è proprio con questo spirito che il premier decide di cedere all’insistenza delle «colombe». Proviamoci - è il senso del suo ragionamento - anche se non credo che saranno mai in grado di isolare i facinorosi. Convinzione ribadita anche alla luce della puntata di Ballarò di martedì sera. «Io non sono neanche lontanamente vicino a come mi dipingono quei pazzi che erano in studio», ha ripetuto ieri in più d’una telefonata. Che poi un tentativo di riallacciare il dialogo sia «dovuto» è altra cosa, perché - ripete più d’un ministro - è «doveroso» cercare di trarre del bene da quanto accaduto in piazza Duomo e non dare più «alibi» a chi continua a dire che è il Pdl che avvelena i pozzi.
Ma oltre al tentativo di una pax «esterna», nell’ufficio di presidenza del Pdl si prova anche a siglare una pax «interna». Con concessioni alla linea di Gianfranco Fini che non sono certo di poco conto: il via libera alla candidatura della finiana Renata Polverini nel Lazio e l’apertura di credito sul tema della cittadinanza su cui - si legge nel documento - «proseguirà l’approfondimento avviato dalla consulta Affari costituzionali in parallelo dell’iter dei lavori parlamentari». Il giorno delle colombe, dunque. Anche perché la bozza del documento viene concordata telefonicamente dai coordinatori proprio con Berlusconi. Che decide di mandare segnali di fumo sia all’opposizione che a Fini. Anche se questo non significa certo che il Cavaliere abbia scordato gli ultimi mesi di attriti, tanto che ancora nei giorni scorsi confidava in privato a più di un interlocutore tutti i suoi dubbi. Fini non si fermerà - è il senso del ragionamento - finché non riuscirà nel suo obiettivo di costituire un gruppo parlamentare autonomo.

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