martedì 26 ottobre 2010

Crisi evitata o nuova legge elettorale?

Certamente il nostro sistema elettorale ingessa il rapporto tra elettori e rappresentanti. Però, quando un braccio si rompe, ingessarlo è inevitabile. La riforma Calderoli rispose a una precisa esigenza della società: sottrarre la guida dell’esecutivo ai resti di un establishment allo sbando, a una magistratura tesa a imporre il suo incontrollato arbitrio, e a nomenclature (dall’ex MSI all’ex PCI) senza più radici ma incistate nel sottopotere locale e nazionale. Tra i trucchi di Pierferdinando Casini e le inesauste pensate di Gianfranco Fini, si è arrivati così tra il 2001 e il 2006 al sistema di voto attuale. Le alternative saranno possibili solo se si confronterà con sentimenti popolari di fondo che non paiono superati e non prevedono rese né ad elite né a toghe politicizzate né alle nomenclature. Preso atto di questa realtà, non sarebbe male, poi, se le soluzioni fossero le più semplici. Alcune proposte anche ingegnose, come quella di Angelo Panebianco sul sistema uninominale a due voti, sono baracche, come lo era il Mattarellum, un sistema maggioritario-proporzionale, che introducono una barriera rispetto alla gente più semplice. Forse la soluzione migliore è quella spagnola: collegi che eleggono pochi parlamentari, senza recupero nazionale, dando spazio così alle forze regionali e introducendo una semplificazione maggioritaria senza artifici. Il dubbio è che il sistema spagnolo per funzionare abbia bisogno della monarchia…

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